Mi sono resa conto che gira che ti rigira, in una forma o nell’altra scrivo (anche) di amori impossibili. E’ un tema ricorrente in quello che scrivo ma anche nei miei pensieri. A volte in modo superficiale e scherzoso, a volte in modo disperato.
Me ne sono resa conto pianificando un nuovo romanzo, Ruggine, in cui il tema dell’amore impossibile sarà centrale, e mi sono chiesta: quanto la vita reale influenza la scrittura e quanto invece è il contrario? Noi che scriviamo ci cacciamo dentro un circolo vizioso (o virtuoso)?
In altre parole: quanto mi sbudello l’anima per scrivere un romanzo? E ancora: ha conseguenze permanenti sul mio povero cuoricino? LOL. E nella pratica? Leggi: scrivere di amori impossibili renderà impossibili i miei amori reali/potenziali? Andrò a cercarmi amori impossibili per confermare a me stessa che l’amore è impossibile?
Si tratta dell’annosa questione dello scrittore, di quanto si mette di reale e personale in una storia, ma anche di quanto questa storia influenza il personale e il reale.
Leggere un libro (un bel libro) ti cambia, un po’, non è vero? Non sarei la stessa se non avessi fatto le esperienze che ho fatto, letto i libri che ho letto. Come si può quindi pensare che scrivere un libro non ti cambi?
Beh mio caro adesso la smetto che potrei tirare dritto per ore e mi sembra davvero di abusare del tuo tempo. Colpa di questa maledetta tastiera, sai, il suo ticchettio genera assuefazione.