Dietro le quarte – Conversazioni con le mie ombre

Che essendo ombre di solito non rispondono. Quindi più che conversazioni sono monologhi, anche se non li definirei monologhi in stile teatrale, o letterario. In quel senso si avvicinano più a un flusso di coscienza, dove la coscienza dell’autore e del personaggio si fondono. Non so se sarò capace di riportare questi flussi per iscritto, Lia, e un po’ mi sembra di farti un torto, di portarti via quella piccola identità che ti eri costruita con le unghie e con i denti. A volte ho l’impressione, non avertene a male, che tu sia solo una copia mal riuscita di quel personaggio, forse Helen, di Wallace, in La scopa del sistema. L’unica cosa che abbia davvero apprezzato di quel libro, peraltro, il personaggio con crisi d’identità, che teme di non essere reale ma solo un personaggio manovrato da qualcuno. Quando ho iniziato a scriverti non sapevo ancora che il rapporto tra autore e personaggio fosse caratteristica del romanzo postmoderno. Se avessi avuto le idee più chiare saresti venuta meglio, leggi: più interessante, anche se meno leggibile. Invece sei come sei, un po’ come tutti. Un po’ sfigata, un po’ antipatica. Che cosa voglio da te, allora, chiederai. Non voglio niente, davvero. Solo che assecondi i miei capricci creativi.

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