Conversazioni immaginarie

Futuro, lavoro, amici, amanti, famiglia, scrittura. Stress. Vacuità, davvero, una sensazione leggera di non esistenza. Ci vorrebbe la Mary, adesso. Una lunga chiacchierata con la Mary. No, non chiamerò la Mary, non lo so, la sento distante. Forse, come lei, dovrei dedicarmi alle conversazioni immaginarie.

– Ok, Mary, visto che non rispondi alle mie mail (merdaccia) scrivo all’idea di te che custodisco in testa. Poi magari te lo mando per farci due risate.

– Hai ragione! Sono una merda. Ho visto la email ma non ho risposto, sono incasinatissima ma è un bel progetto.

– Beh, ho pensato di chiamarlo Il cimitero delle mosche anziché Il pensiero suicida, mi sembra più narrativo. L’idea mi è venuta qualche notte fa, perché nella mia camera, devi sapere, vengono a suicidarsi le mosche. Ronzano fastidiosamente per un po’ poi si lanciano nella lampada. Oppure restano intrappolate dietro la tenda e muoiono di stenti. Secondo me succede con una media di un paio di mosche a settimana, questo significa che in 5 mesi sono venute a morire 40 mosche. Un massacro. Quindi per accettare questo strano fenomeno ho deciso di incorporarlo nella storia e una dei quattro protagonisti (pensavo a una narrazione in prima persona) vive in un appartamento a un piano molto alto, fuma alla finestra con una lampada accesa nella stanza e ogni tanto raccoglie le mosche morte. Bom. Penso solo cose morbose. Fantastico.

E qui tu diresti che no, anzi, io sono una persona molto positiva e che comunque…

No, il problema delle conversazioni immaginarie è che non riesco a decidere cosa direbbe l’altra persona. Io, cara Mary, non capisco le persone. Non abbastanza da dire cosa potrebbero pensare, o rispondere. Forse mi viene dall’imprevedibilità degli scoppi d’ira di mio padre, chissà.

Comunque adesso sono vagamente in ansia per la socialità. Perché le paranoie su quello non muoiono mai, le stronze. La continua sensazione di inadeguatezza, di non essere voluta, capita, perdonata per questa stessa inadeguatezza. E invece a casa di un’amica volontaria che visitavo nel fine settimana, con anche altre ragazze, c’era una Irlandese molto giovane, che conosco a causa della formazione che ho fatto a inizio progetto, che si era sentita male di stomaco e poi si era girata una canna.

Si poteva già avvertire la scissione dal gruppo a lei, come una forza tangibile di rifiuto nei confronti del membro debole, nonostante ovviamente le formali dinamiche di cortesia, facciamo una tisana, ti farebbe bene la camomilla, no grazie adesso sto meglio, poi si prepara un te nero con latte e zucchero, aumentando la disapprovazione e ipocrita preoccupazione generale.

Poi fa su un cannone, io faccio due note e le parlo, niente di interessante tranne una sensazione familiare, di stordimento e lucidità allo stesso tempo. Lei chiede a una ragazza dove dormirà quella notte. E’ da un po’ che si interessa alla disposizione dei letti, con lo scopo, penso, di far sì che qualcuno dorma con lei e di farci sentire in colpa se nessuno voglia farlo. Io sicuramente non avrei voluto dormire con lei. La sua camera puzzava terribilmente di fumo e umidità e lei stessa aveva un odore acido. Tra l’altro non c’era ragione che qualcuno dormisse con lei, tanto meno la ragazza a cui l’aveva chiesto, che sarebbe stata con me e l’altra ragazza, anche lei italiana, che ci ospitava. Di conseguenza, quando ha di nuovo tirato fuori l’argomento con prepotenza, da fumata in modo fintamente tranquillo, una colata di imbarazzo ha cementato la stanza.

Io me ne stavo seduta al tavolo con le altre (lei era in piedi) e pensavo: sono un membro del branco. È questo che sono diventata, un membro del branco.

Però boh, forse sono paranoica riguardo alle dinamiche dei gruppi sociali, credo che questo mi venga dai giochi di ruolo, quello del grv era un ambiente durissimo, soprattutto in Terre Spezzate in cui il gruppo dominante era esclusivo e caustico.

Beh, per quanto sia cambiata, e devo dire che lo sono, cambiata, molto, certe paure restano invariate, l’ansia sociale si può posporre ma prima o poi viene a beccarti e vorresti chiuderti in una stanza senza dover mai più interagire con nessuno, ma manco per sbaglio, e per andare in cucina aspetti che la coinquilina se ne sia andata.

Dovrei meditare, sai, trovare il mio centro, cercare…

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