Normalmente non leggo poesia. Questa raccolta mi ha fulminato.
Le poesie di “Verrà la morte” non attingono alla vena epica di “Lavorare stanca”. Dall’oggettivazione narrativa fanno ritorno al soggettivismo lirico, ma trascendono l’antico limite della confessione e dello sfogo nella sottile sapienza d’un linguaggio poetico che si fa numero, immagine, valore musicale.
Eh è una poesia che folgora, perché Pavese era un genio che ci ha lasciati troppo presto
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