Dietro le quarte – Donna, 30 anni, lavoro, passione: fai ciò che vuoi

Cercando su google cose come: ‘Woman 30s’ oppure ‘Woman 30s empowerment’ viene fuori poco. Le solite banalità sul metabolismo che rallenta, un fiume di roba su relazioni sentimentali, una simpatica cuoca vegana crudista che dice di onorare il proprio corpo

Di solito su internet trovo notizie utili, buoni consigli (a partire dai consigli su cv e colloqui del Guardian) ma pare che non esista uno storico online di donne trentenni che decidono di iniziare un nuovo lavoro in proprio e si dibattono in problemi come: oh caspita non potrò mai più permettermi di pagare un affitto, ho troppe cose da fare e troppo poco tempo per farle, come mi organizzo senza farmi venire un esaurimento nervoso, come faccio per garantirmi un minimo di stipendio in tempi ragionevoli.

Così ho pensato di scriverci un post, non di consigli, ma di esperienza. In corso. Che quindi ha ancora tempo per dimostrarsi fallimentare. Disastrosa. Umiliante. Oh yeah.

A 30 anni, dopo un anno di volontariato (europeo) in Spagna ho deciso che non avrei cercato un lavoro “normale” (d’ufficio, per intenderci, con orari e stipendio fissi) ma avrei aperto un’associazione e comunque cercato di campare facendo quello che ho scoperto piacermi: mobilità giovanile internazionale, formazione, gestione di progetti.

Ricordo che un ‘Career coach’ in Inghilterra disse qualcosa tipo: “I 20 sono per sperimentare, i 30 per costruire”. Ecco, io penso di rientrare precisamente in questo schema. Solo che quando inizi a costruire poi hai paura degli incendi, terremoti, alluvioni, crolli strutturali… e comunque nessuno ti ha dato una licenza da architetto di carriere quindi più o meno ogni mattone che metti è una scossa di adrenalina.

Dopo 9 mesi (una gravidanza) che mi dedico seriamente (diciamo così) a questa nuova attività ho ottenuto dei risultati, sì abbastanza buoni, sì soddisfacenti, ma rimane un po’ d’ansia, che attacca a ondate, e ti fa dubitare. Di te, degli altri, soprattutto della strada che hai scelto.

Ecco, la riposta che volevo, e non ho trovato, da internet, risponde alla domanda: come faccio a tirare dritto per la mia strada serena, ricacciando indietro l’ansia?

Visto che non l’ho trovata, una risposta me la sono dovuta dare da sola e fa più o meno così: ho una sola vita e non la spenderò a far soldi per qualche azienda, e nemmeno a far soldi per me. La spenderò a fare quello che amo anche se questo costerà sacrifici, se dovrò aspettare altri 6 mesi per potermi permettere un affitto, se non mi potrò permettere le borse di marca (che una volta vendevo), se non avrò più diritto ai bonus aziendali (con cui a suo tempo ebbi Ipod e Ipad, belli belli belli ma tant’è).

Alla fine è una questione di motivazione, e dopo quella viene la disponibilità al sacrificio, ma soprattutto il riconoscimento di un privilegio: sono bianca, europea e vivo nel 2000. Se anche è vero che tutti coloro che amo, ho mai amato e mai amerò moriranno (come tutti moriranno) probabilmente non sarà per guerre o stenti. Avrò sempre un tetto sopra la testa, ho avuto la possibilità di imparare 3 lingue e potrò cercare fortuna all’estero se ne avrò bisogno. Ho avuto la possibilità di scoprire la mia passione, le storie, la lettura e la scrittura, e ho la possibilità di coltivarla. Ecco, allora i miei privilegi si uniscono alla motivazione: lavorerò, a costo di fare sacrifici, perché tutti al mondo possano crescere con i miei stessi privilegi.

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